Progetto Rachele
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"Attraverso
la sofferenza,
la conoscenza".

- Simone Weil





“A decidere della morte del bambino non ancora nato,
accanto alla madre, ci sono spesso altre persone.
Anzitutto, può essere colpevole il padre del bambino,
non solo quando espressamente spinge la donna all’aborto,
ma anche quando indirettamente favorisce tale sua decisione
perché la lascia sola di fronte ai problemi della gravidanza:
in tal modo la famiglia viene mortalmente ferita
e profanata nella sua natura di comunità di amore
e nella sua vocazione ad essere “santuario della vita”.
Nè vanno taciute le sollecitazioni
che a volte provengono dal più ampio contesto familiare e dagli amici.
Non di rado la donna è sottoposta a pressioni talmente forti
da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all’aborto:
non v’è dubbio che in questo caso la responsabilità morale
grava particolarmente su quelli che
direttamente o indirettamente
l’hanno forzata ad abortire.
Responsabili sono pure i medici e il personale sanitario,
quando mettono a servizio della morte
la competenza acquisita per promuovere la vita…”


                             - Giovanni Paolo II, Evangelium vitae 59 -
              


Una riflessione sul dono della Memoria:

"Non possiamo annullare i nostri vecchi errori o le loro conseguenze più di quanto
non possiamo cancellare le vecchie ferite che abbiamo sofferto e inflitto.
Nonostante ciò, per mezzo del potere che la memoria ci dà di ricordare, sentire,
immaginare il nostro cammino indietro nel tempo,
possiamo finalmente chiudere con il passato, nel senso di
togliere il suo potere di ferire noi e gli altri,
e di impedire la nostra crescita come esseri umani. [...]



E' per mezzo della memoria
che possiamo di nuovo prendere possesso di gran parte delle nostra vita
che abbiamo già, da molto tempo, cercato di dimenticare.
Possiamo scoprire che in tutto ciò che ci è accaduto durante gli anni
Dio ci stava offrendo
delle possibilità di nuova vita e di risanamento, e che,
anche se le abbiamo perse in quel momento,
ora, tanti anni dopo,
possiamo ancora accettare
di essere riportati da Dio alla vita
e di essere guariti".
 
- Frederick Buechner, nel sul libro Raccontando i segreti 





L'impatto dell'aborto volontario sul sistema familiare


Sebbene l'aborto sia considerato un problema della donna, una questione tra lei e il suo medico, in realtà la decisione di abortire si ripercuote anche sugli altri membri della famiglia e sul circolo sociale.

I padri dei bambini abortiti cominciano a parlare apertamente della loro esperienza. Il sociologo americano Arthur Shostak ha scritto già negli anni ottanta un libro intitolato Gli uomini e l'aborto. In questo libro
di interviste agli uomini coinvolti nell'aborto si rivelano: la loro preoccupazione per il benessere fisico e mentale della donna durante l'intervento dell'IVG; il senso di perdita e fallimento che essi provano nell'aver fatto ricorso all'aborto; i sogni e gli incubi sorti in relazione all'esperienza dell'aborto. Nell'America del Nord cominciano a formarsi gruppi di sostegno per aiutare gli uomini ad affrontare le loro difficoltà.

Nei mass media degli Stati Uniti, le esperienze degli uomini sono state narrate in pubblicazioni come il New York Times Sunday Magazine, e nei mensili maschili Esquire e Gear. Nel contesto europeo, appena a Febbraio 2009 sono apparse sulla prima pagina del giornale nazionale tedesco Die Zeit le testimonianze di dieci uomini tra i 34 e 62 anni di età che hanno partecipato ad un aborto, o più di uno. Tanti di loro esprimono rimorso, vergogna, ed un grande senso di perdita, tanto del figlio come del rapporto da cui è stata concepita la vita abortita.


Parlando del loro ruolo, gli uomini descrivono diverse situazioni : l'aver insistito per l'aborto; l'aver accettato tacitamente l'aborto programmato dalla donna; l'aver cercato di fermarlo; il non aver saputo dell'aborto fino a dopo il fatto; oppure la scoperta che l'aborto della moglie vissuto tanti anni fa sta impedendo oggi l'intimità matrimoniale. Ognuna di queste situazioni, ed altre, porta una serie unica di postumi emotivi. Tuttavia la sensazione di perdita e impotenza spesso permea la loro esperienza. Gli uomini sperimentano la loro perdita  in molti modi, ma spesso manifestano il loro senso di perdita prima di tutto con la rabbia.

Anche i nonni del bambino abortito provano un senso di perdita. Spesso vedono che la loro figlia soffre dopo una esperienza abortiva e si sentono incapaci di aiutarla. Forse portano addosso elementi di colpa e responsabilità nel caso siano stati i responsabili principali della decisione di abortire. Molte volte, dopo aver scoperto ex post facto che un aborto è già stato eseguito, si chiedono perchè la loro figlia o figlio non si sia rivolto a loro nel momento di crisi. Molte nonne soffrono profondamente ma continuano a essere protettive verso le loro figlie, esitanti a parlare del proprio dolore per paura di causare loro ulteriore dolore. Anche i nonni soffrono sia di nascosto che apertamente e spesso esprimono il loro dolore con la rabbia verso la società, verso il "sistema," oppure verso il personale sanitario. Possono anestetizzare il loro dolore in diversi modi, incluso comportamenti di dipendenza, oppure possono canalizzare la loro rabbia diventando attivisti a favore della vita.

I fratelli e cugini, tanto come gli amici dei genitori che hanno abortito si possono sentire confusi, avendo incoraggiato o non avendo ostacolato una decisione di abortire. Ora vedono il dolore dell'amica o della sorella, che forse si chiude in se stessa, si arrabbia con tutti e per tutto, fa abuso di sostanze, o si coinvolge in uno stile di vita o in relazioni autodistruttive.
Se invece hanno cercato di appoggiare una scelta per la vita si possono sentire colpevoli per non aver trovato le parole o i mezzi per impedire questa perdita di vita. Tutte e due le situazioni possono condurre ad un allontanamento interpersonale o ad un tacito patto "di omertà" dopo.

I fratelli e le sorelle dei bambini abortiti a volte si rivolgono ad un professionista psicoterapeuta, mostrando sintomi della sindrome "del sopravvissuto,"  ossia, fobie, disturbi del sonno e altri disturbi. Il bambino concepito dopo un aborto precedente a volte soffre di senso di abbandono, di trascuratezza emotiva, o di maltrattamenti a causa dell'incapacità della madre di sviluppare un legame forte con lui mentre lei sta vivendo un lutto irrisolto per il bambino abortito. Nel Canada c'è infatti uno psichiatra, il Dott. Philip Ney, che, avendo visto molti casi di questo tipo, si è specializzato nel loro trattamento.



Nella letteratura psichiatrica ci sono esempi di figli sopravvissuti ad un tentativo di aborto che mostrano fobie e impulsi suicidali o di auto-lesione che si possono manifestare  per anni.

Il personale sanitario che ha partecipato direttamente o indirettamente alle IVG, tanto in ospedale come in consultorio, può anche avvertire postumi del post-aborto.


Altre persone mai coinvolte direttamente in una decisione di abortire si sono trovate inaspettatamente toccate emotivamente dall'IVG di qualcun'altro. Ci sono persino persone che trenta anni fa
hanno votato a favore del referendum sulla legge 194 che ora si sono pentiti di aver dato la benedizione legale alla pratica dell'aborto, considerata da millenni come un atto di disperazione da parte della donna e come un attacco contro il più indifeso membro della specie umana. Avendo avuto in mente i casi veramente drammatici ed eccezionali, come lo stupro e l'incesto; un grave pericolo alla salute della madre; la deformità severa del bambino in grembo; molte persone che votarono a favore della legge proposta, ad un certo punto, si sono rese conto, spesso molti anni dopo, che non sono questi i casi più frequenti che conducono al grande numero di IVG praticate quotidianamente. Hanno visto che per mezzo del loro voto non c'è stata una mera decriminalizzazione dell'atto abortivo, ma un'apertura all'uso dell'IVG in tanti casi poco estremi: per nascondere l'attività sessuale fuori dal matrimonio, incluso quella coercita; per non disturbare la famiglia della ragazza o della donna nubile; per la pianificazione familiare nel contesto matrimoniale, soprattutto per assicurare che nascano non più di due figli; e per assicurare la nascita solo di figli sani, "desiderati" e "programmati."

Molte persone coscienti dell crollo demografico dell'Italia iniziano a farsi domande sull'effetto di tante scelte abortive per il futuro del Paese.  Alcuni sacerdoti hanno confessato di sentire una profonda tristezza per i bambini che non hanno potuto battezzare perchè vittime dell'aborto.




Ci sono inoltre delle coppie che hanno l'intenzione di adottare un bambino, sanno che non lo troveranno in Italia e quindi lo cercano all'estero. Sicuramente alcuni di loro sentono una profonda tristezza meditando sul fatto che più di centomila bambini italiani vengono abortiti ogni anno.

Insomma, qui in Italia, circa 5 milioni di aborti legali, più un numero imprecisato di aborti eseguiti al di fuori delle norme legali, hanno toccato moltissime vite e moltissime famiglie.






Questo sito web non è un sito di consulenza psicoterapeutica professionale, nè deve sostituire la consulenza di un professionista abilitato.
A volte l'esperienza di un aborto può creare intense emozioni che forse non potete gestire adeguatamente da soli.
In caso di necessità rivolgetevi ad un professionista abilitato.
 
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