L'impatto dell'aborto volontario sul personale sanitario



Qual'è l'impatto emozionale degli aborti su coloro che li praticano, e su coloro che devono assistere alle IVG in un ruolo ausiliario?

Pochissimi studi sono stati fatti su questi medici, infermieri, consulenti e altri che lavorano nel reparto aborti o che fanno parte della catena di protocollo che  facilita gli aborti.  Anche se negli Stati Uniti e in  Canada, ad esempio,  c'è adesso un'associazione  costituita da ex-operatori sanitari abortisti , fino ad ora solo due studi scientifici, esaminando un grande numero di soggetti di questo gruppo di lavoratori sanitari, sono stati condotti da ricercatori che non lavorano nel campo abortivo. (Questi nel 1974 e nel 1989.)

Alcuni che hanno lavorato - o lavorano ancora - nel reparto ospedaliero delle interruzioni volontarie di gravidanza parlano inizialmente della gioia di riuscire a dissuadere una donna dall'abortire. Poi, notano che sono in realtà pochissime le volte in cui questo succede.

Con  l'eufemismo si cerca di offuscare la realtà di ciò che si pratica nel reparto IVG, il quale in alcuni ospedali è indicato dalla segnaletica per  "l'applicazione della Legge 194". Tuttavia, alcuni di coloro che lavorano nei Day Hospital dove si effetuano le IVG parlano con amarezz
a della loro associazione con il reparto che viene chiamato "della morte".

Senza neanche toccare
direttamente il tema dell'uccisione che avviene in ogni IVG, membri dello staff del reparto IVG parlano della difficoltà nel vedere tutto ciò che spinge le donne e le ragazze a compiere questo gesto di disperazione. Ciò che viene chiamata la scelta della donna è spesso, in realtà, una scelta poco libera. Ammettono quanto pesa l'ascoltare il pianto e il rimorso a volte visibili già nelle ore immediatamente successive all'intervento. C'è un senso di ira nel rivedere le stesse pazienti che arrivano chiedendo un secondo o terzo aborto. E c'è un senso di impotenza nel sapere che, nella grande parte degli ospedali italiani, il controllo medico post-IVG non può curare le ripercussioni psicologiche post-abortive.

Alla fine, anche con esitazione, c'è un riconoscimento che ciò che si pratica nel loro reparto è proprio l'uccisione delle vite più indifese nella fase in cui più avrebbero bisogno di protezione. Queste vite, che altrimenti verrebbero curate come pazienti insieme alle loro mamme, vengono invece eliminate perché c'è qualcuno che non le vuole accogliere. 

Insomma, si nota un grande conflitto di coscienza in alcuni membri del personale sanitario.



Leandro Aletti, ginecologo obiettore e primario all'Ospedale di Melzo, ricorda quando le neonatologie non accettavano i bimbi vivi perché abortiti tardivamente:

"Anni fa accadde che uno fosse rimasto vivo. Non ho potuto far altro che prenderlo, battezzarlo con il mio nome, metterlo in una culla e passare, di tanto in tanto, a bagnargli le labbra. E' morto dopo due giorni, sarebbe bastata una ventilazione e oggi sarebbe sano. Ora, grazie alle linee guida, queste cose non accadono più. E di questo medici e infermieri son contenti... ormai anche gli abortisti sono nauseati da una pratica che si prefiggeva di salvaguardare la donna e il bambino."
  
                                               - Tempi, 19 Gen 2011


In altri Paesi, i professionisti che praticano gli aborti hanno scritto e detto abbastanza per dimostrare che questa non è una procedura medica come tante altre, e quindi, questo non è un lavoro come tanti altri. 

Qui sotto vengono citate soprattutto le pubblicazioni mediche ufficiali di professionisti che si dichiarano apertamente a favore dell'aborto. Solo gli ultimi due medici citati hanno abbandonato tanto la pratica delle IVG quanto il loro appoggio filosofico e politico alla scelta abortiva.

Un'infermiera che aveva lavorato in una clinica di aborti per meno di un anno ha detto che i suoi momenti più difficili non erano quelli nella stanza dove si effettuava la procedura, ma dopo. "Molte volte", dice, "le donne che avevano appena avuto un aborto restavano nella stanza di ricovero, piangendo e dicendo, "Ho ucciso il mio bambino, ho appena ucciso il mio bambino."
"Non so cosa dire a queste donne,"
dice l'infermiera. "Parte di me pensa: forse hanno ragione."

Citato in Gianelli, D.M., "Abortion providers share inner conflicts,"
American Medical News, 12 luglio 1993





Un medico nel New Mexico (USA) ammette che a volte resta sorpreso dalla rabbia che sente negli aborti tardivi.
Da un lato, il dottore dice di sentirsi infuriato con la donna.
Ma, paradossalmente, aggiunge:
"mi arrabbio con me stesso per il senso di orgoglio che ho sentito

nell'aver afferrato la calvaria [la parte superiore della testa] e di aver portato a termine, tecnicamente bene,
una procedura che distrugge un feto, che uccide un bambino."

Citato in Gianelli, D.M., "Abortion providers share inner conflicts," American Medical News, 12 luglio 1993




In uno studio che ha coinvolto 130 lavoratori del reparto IVG a San Francisco tra gennaio 1984 e marzo 1985,
i ricercatori non si aspettavano di scoprire ciò che hanno scoperto.
Essi hanno commentato:


 "Particolarmente interessante è stato il fatto che la sensazione di disagio
con i pazienti o con le procedure

è stato raccontata da personale sanitario
fortemente a favore del diritto all'aborto

e che esprimeva un forte impegno nel lavoro.[...]
Questa scoperta preliminare suggerisce che persino coloro
che appoggiano il diritto di una donna di interrompere una gravidanza
potrebbero sentire un conflitto interno ed una tensione marcata
tra i propri principi formali e l'esperienza concreta del loro lavoro."

All'interno di quel gruppo di personale sanitario dedicato al diritto di abortire
e con intenzione di rimanere almeno ancora sei mesi in questo lavoro,
il 77%  ha parlato dell'aborto come di un atto distruttivo, come un distruggere un'entità vivente.

Riguardo l'uso dell'espressione 'omicidio premeditato':
"L'uso di queste parole era inaspettato tra il personale a favore dell'aborto,
tuttavia il 18% di coloro che rispondevano parlava di coinvolgimento nell'aborto in questi termini
ad un certo punto dell'intervista.
Questo tema tendeva ad emergere lentamente durante le interviste
ed era sempre affrontato con ovvio disagio."

Citato in Roe, K.M., "Private Troubles and Public Issues: Providing Abortion amid Competing Definitions."
 
Social Science and Medicine (1989) 29:1197.



   
L'American Medical News ha riportato la seguente descrizione di un workshop della National Abortion Federation:

"Loro [Coloro che eseguono o aiutano ad eserguire gli aborti] si chiedono se il feto sente dolore.
Parlano dell'anima e di dove essa vada. Parlano dei loro sogni,
all'interno dei quali dei feti abortiti li guardano con occhi da anziano
e mani e piedi perfettamente plasmati,
chiedendo,
"Perchè? Perché mi hai fatto questo?
"

In un editoriale del giornale Obstetrics and Gynecology, è stato proposto che il personale dei reparti IVG
venga incoraggiato ad esprimere i propri sentimenti in modo da poter continuare a fare il proprio lavoro.
L'autore di  quell'editoriale dice:

"(A)nche coloro che si impegnano intellettualmente nell'aborto
devono lottare con il proprio punto di vista che vede un feto come un vero bambino.
Il trauma emozionale osservato in quegli infermieri è stato un risultato del conflitto psichico
tra il loro impegno intellettuale, da una parte, e i loro punti di vista inconsci, dall'altra.
Interiormente, vedono se stessi come partecipanti in un atto di omicidio."   

Kibel, H.D. "Staff Reactions to Abortion," Obstetrics and Gynecology (1972) 39(1)





"In generale, sembra che lo stress aumenti secondo un livello proporzionale
al diretto coinvolgimento fisico e visuale, da parte di infermieri e medici.
Questo è evidente tanto in termini di stress conscio
quanto in termini di manifestazioni inconscie come i sogni..."

Gli aborti tardivi propongono "un dilemma inusuale ."
I medici e gli infermieri che lo eseguono "hanno forti dubbi riguardo la partecipazione in un intervento
che vedono come distruttivo e violento...
...Abbiamo raggiunto un punto, in questa particolare tecnologia,
dove non c'è possibilità di negare un atto di distruzione eseguito dall'operatore.
E' davanti ai proprio occhi.
Le sensazioni di smembramento corrono per il forcipe come una corrente elettrica...
...Più crediamo di risovere il problema, più intrattabile esso diventa."
 
Relazione dal titolo "What About Us? Staff Reactions to the D&E Procedure"
presentata il 26 Ottobre 1978 da W.M Hern & B. Corrigan
nell' incontro della Association of Planned Parenthood Physicians



Dice il Dott. Sloan, che pratica gli aborti:

"Mentre la gravidanza avanza, l'idea dell'aborto diventa sempre più ripugnante a molte persone,
incluso il personale medico...
I medici cercano di dissociarsi dal metodo."

Dopo aver descritto la procedura dettagliatamente,
incluso il bisogno di controllare le parti del corpicino
per assicurare che tutte le parti del feto siano state tolte dall'utero,
il Dottor Sloan conclude:

"Vuoi fare gli aborti? Devi pagare  il prezzo.
C'è un antico detto nella medicina:
Se vuoi lavorare nella cucina forse dovrai rompere un uovo.
Il forno diventa caldo, preparati a bruciarti."

Sloan, Don  & Hartz, P, Abortion, A Doctor's Perspective, A Woman's Dilemma (New York, Donald I Fine, Inc., 1992)




I seguenti commenti sono di Sallie Tisdale, infermiera che racconta di quando lavorava in un reparto IVG:

"Ci sono i momenti tediosi, deprimenti quando penso di non poter sopportare un altro catino di resti sanguinosi,
di non poter offrire ancora una volta delle parole di conforto...
Mi preparo per un altro catino, per un'altra breve ma scomoda perdita.
Persino alcuni pazienti chiedono, 'Come puoi sopportare tutto ciò?'
... Guardo sgonfiarsi in pochi minuti la pancia gonfia di una donna,
e il mio addome si contorce dalla tristezza".  


"Sogno i feti, tutti noi qui abbiamo questi sogni:
sogni di aborti, uno dopo l'altro,
sogni di secchi di sangue schizzato sui muri,
alberi pieni di feti che si arrampicano..."


"L'aborto è il confine più stretto tra gentilezza e crudeltà.
Per quanto possa essere fatto bene, è ancora violenza, una violenza misericordiosa,
come amazzare un animale sofferente...
 E' una dolce brutalità quello che si pratica qui..."   


Citato in "We do abortions here," ("Qui si fanno gli aborti") Harper's, October, 1987.






Il Dottore McArthur Hill, in precedenza esecutore di aborti, ha raccontato di come cercava di salvare i neonati prematuri , scoprendo a volte dopo il fatto che i bambini che  aveva abortito erano più grandi, o di una età gestazionale più avanzata, di quelli prematuri che aveva salvato:

"E' stato a questo punto che iniziai ad aver degli incubi... Nei miei incubi, assistivo al parto di un neonato sano.
Prendevo quel neonato sano, lo alzavo,
e mi affacciavo ad una giuria di persone senza faccia,
chiedendo che loro mi dicessero cosa fare con questo bambino.
Indicavano "sì" o "no" dando un segno del pollice in alto o il pollice giù.
Se indicavano verso giù, dovevo lasciare cadere il bambino in un secchio di acqua che c'era lì.
Non arrivavo mai al punto di lasciare cadere il bambino nel secchio,
perchè mi svegliavo sempre a quel punto
."


Il Dott. Hill finalmente si svegliò alla realtà di ciò che faceva e smise di praticare gli aborti.

Il Dottore Bernard Nathanson, allora pioniere nel praticare aborti nello stato di New York, parla nel suo libro Aborting America (1979) di aver incontrato, in un incontro tra amici, la moglie di un collega medico:


"Lei mi chiese di parlare un momento in privato, e parlò in maniera decisamente agitata
degli incubi sempre più frequenti che aveva suo marito.
Egli le aveva confessato che gli incubi erano pieni di sangue e di bambini,
e che il marito era diventato ossessionato con l'idea che una giustizia terribile
prima o poi sarebbe venuta a visitare i suoi figli,
per fargli pagare ciò che lui faceva professionalemente."

Anche il personale sanitario che non partecipa direttamente nelle IVG ha da raccontare:
 


Testimonianza di Editta


"[P]enso a tutte le pazienti che ho cercato di convincere, con tutte le mie forze, ma invano, a tenere il proprio bambino.... Le ricordo tutte le mie pazienti, una ad una. Ricordo, come fosse ora, quando tornavano in ambulatorio, dopo l'aborto, e mi dicevano: sto male dottoressa, non sono più io, non vivo più. Una di loro, già madre di un bambino, mi disse: mi sento come se mi fosse morto qualcosa dentro. Altro che qualcosa dentro. C'era qualcuno lì dentro. Era suo figlio. ..." 
- Pubblicata in "Fate l'amore non l'aborto", collezione di lettere al Foglio quotidiano, 2008, Vol I, p. 223-224.

Testimonianza di Paola


[Ero] giovane studentessa di medicina, che ha visto con i propri occhi e ha toccato con le proprie mani il freddo corpicino di un feto di 5 mesi, adagiato malamente su un pezzo di lenzuolo, pronto per l'autopsia che confermasse la diagnosi della sua malattia, curabile col solo 'aborto terapeutico': il piccolo UGO - così l'ho battezzato con le lacrime che affogavano gli occhi e col cuore impazzito di dolore che scandiva il memoriale di quel piccolo uomo - è stato ucciso perché affetto dalla Sindrome di Klinefelter, che la spietata classifica eugenista annovera tra le malattie che si possono curare solo con la morte..."   - Pubblicata in "Fate l'amore non l'aborto", collezione di lettere al Foglio quotidiano, 2008, Vol II, p. 257.




Testimonianza delle ostetriche francesi
:

Le levatrici contro il coinvolgimento nell'IVG



Nel gennaio 2009 è nato il "Collettivo delle ostetriche di domani",
un'associazione che ha organizzato una protesta contro la spinta 
che sentono i membri di tale organizzazione a partecipare alla pratica abortiva nel loro Paese.
Si sono dichiarate anche contro la prescrizione della pillola del giorno dopo.

Il collettivo ha raccolto in solo 4 giorni le firme e le testimonianze di più di 600 ostetriche
contro l'emendemento "Poletti" alla legge Bachelot sulla salute,
che prevedeva la prescrizione e attuazione dell'aborto terapeutico anche da parte delle levatrici.
La portavoce Olivia Déchelette ha mandato a tutti i deputati una lettera in cui dichiarava
che la missione di un'ostetrica è quella di "aiutare le donne, preparando, accompagnando e seguendo le nascite".

La polemica non si concentra sull'aumentato del lavoro che le levatrici dovrebbero svolgere,
ma piuttosto sulla natura stessa della loro professione, che con la pratica abortiva verrebbe snaturata.
Insomma, hanno voluto mettere in risalto il significato umano del loro lavoro.
Nella lettera ai deputati si legge il rifiuto di commettere un atto
che non fa parte dell'essenza stessa della loro professione.
Nelle numerose testimonianze giunte sul sito del collettivo, colpisce la condanna unanime dell'aborto
come contrario alla vocazione di chi sceglie di intraprendere questa professione.
Chi fa l'ostetrica stabilisce e aiuta la madre a stabilire una relazione con l'essere che questa porta dentro di sé.
E' impensabile dunque che possa poi decidere di contribuire ad eliminarlo.

Nota: Nonostante il fatto che la Francia venga considerata uno dei Paesi con il più elevato utilizzo di mezzi anticoncezionali,
il numero di aborti praticati in Francia resta stabile intorno ai 220mila l'anno.

 
Sommario, a cura di Monika Rodman Montanaro,
di un articolo del 7 marzo 2009, pag. 17, tratto dal giornale "liberal"

(Autrice dell'originale: Benedetta Buttiglione Salazar)




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