Progetto Rachele
                    Aborto e Chiesa
Home
Introduzione
Donne
/ Testimonianze 
Postumi dell'aborto
Verso la Guarigione
Aiutare un'amica
Uomini
Altre Persone Coinvolte
Poesie e Preghiere
Articoli / Libri
Aborto e Chiesa


Manuale per la pastorale del post-aborto

"Siamo stati chiamati a risanare le ferite, ad unire ciò che è stato separato,
e a riportare a casa coloro che hanno perso la loro strada."

- San Francesco di Assisi




Nell'anno 2024, oltre ai weekend di full immersion,
verranno offerti incontri in diverse regioni italiane.

Così La Vigna di Rachele,
apostolato internazionale che accompagna le donne, uomini e coppie
nel cammino verso la guarigione post-aborto,
riprenderà in maniera piu' visibile le sue attività
dopo la lunga pausa imposta dalla pandemia.


Per informazioni cliccate QUI!




Pastorale del postaborto: perchè?



MANUALE per la Pastorale del Post-aborto
 
Questo manuale ha come scopo specifico la cura pastorale delle persone (donne e uomini) che hanno vissuto l'aborto volontario. Fra i temi trattati ci sono:

- Modello di cura pastorale post-aborto (con suggerimenti per una collaborazione tra sacerdoti e laici incluso psicologhe e guide spirituali)
- L'aborto procurato e il diritto canonico
- Consigli pastorali per la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione
- Consigli omeletici
- Temi speciali: preparazione al matrimonio, diagnosi prenatale infausta, ecc
- Intercessioni generali per le liturgie domenicali e schema per l'Adorazione eucaristica per la vita
- Annunci per gli avvisi parrocchiali




Aborto, una ferita da sanare
Don Sergio Nicolli, Diocesi di Trento (Feb. 2017)

Le Diocesi italiane che hanno interesse nello sviluppare localmente un Progetto Rachele sono invitate a contattare Monika Rodman Montanaro, californiana che vive dal 2007 in Italia, dopo aver sposato un italiano. Avendo lavorato per 12 anni a tempo pieno nella curia della sua diocesi d'origine, come coordinatrice del Progetto Rachele, Monika conosce bene la realità diocesana ed è disposta a consultarsi con le Diocesi italiane che vorrebbero avviare una tale iniziativa per raggiungere ed accompagnare le donne e uomini che hanno abortito.



Consigli utili per celebrare il Sacramento della Riconciliazione
con chi confessa l'aborto procurato


Papa Francesco sull'aborto terapeutico: una questione religiosa?
(Udienza del 25 Maggio 2019)



Papa Francesco espande la Facoltà di assolvere l'aborto



Aborto e scomunica latae sententiae

Aborto e perdono: un chiarimento, un incoraggiamento




"Padre, confesso che ho abortito"  di Padre Frank Pavone
  Consigli pastorali per i sacerdoti confessori

"Ho letto su internet 'Padre, confesso che ho abortito: Consigli ai confessori', di Padre Frank Pavone.            Devo dire che mi ci ritrovo pienamente. Utile non solo per i confessori, il fatto di ritrovarci il mio percorso        mi solleva; confessare più di una volta quel peccato e non riuscire a trovare la pace interiore dà un senso di frustrazione che può far sì che ci si allontani sempre di più da noi stessi e quindi da Dio."

- da una mamma che ha partecipato al ritiro della Vigna di Rachele qui in Italia



"Una visione profetica"
Un incoraggiamento ai sacerdoti scritta dalla fondatrice del Progetto Rachele

      "Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito..."
I Timoteo 4,14 






 - L'ascolto della donna nella sofferenza postabortiva: problemi e prospettive per un accompagnamento pastorale cristiano, Sabrina Pelazza, Facoltà Valdese di Teologia (Tesi di laurea  in scienze bibliche e teologiche, 2010) 



“La Chiesa e il suo Sacerdote nella guarigione post-aborto”

Istituto Giovanni Paolo II
Pontificia Università Lateranense, Roma
13 Novembre 2013

Mons. John R. Cihak, S.T.D.






Un "Rosario per Rachele"
da pregare a casa, in parrocchia ed altrove...



Da un pioniere nel campo del postaborto in Italia, psicoterapeuta e frate francescano:
- Rinascere si può: postaborto e riconciliazione, p. Massimiliano Michielan, ofm (Ed. Porziuncola, 2011)

VIDEO-Intervista con l'autore

L'aborto apre spesso scenari di disperazione, di rabbia, di autocondanna, ma anche di rimorso e pentimento, qualunque possa essere stato il grado di effettiva responsabilità. Come si colloca la visione cristiana di fronte a tutto questo? Quale speranza può offrire nella vita e nell'anima di persone che hanno vissuto il dramma dell'aborto? Grazie al dono della riconciliazione, inserito dentro un percorso di crescita spirituale, la "ferita" dell'evento abortivo può trasformarsi in "cicatrice" la quale, lasciando la consapevolezza di quanto accaduto, diventa segno di quel perdono che aiuta non solo a vivere l'esperienza totalmente nuova ed insperata di una comunione reale con il bambino abortito, ma anche in una reale riconciliazione con se stessi e con Dio. Un'opera che può essere solo divina: colui che crea è anche colui che ri-crea nel suo amore infinito, al di là di ogni possibilità umana.



Vi invitiamo ad iniziare le vostre riflessioni sul tema "Aborto e Chiesa" leggendo tre brani dalla lettera enciclica
Evangelium vitae, promulgata il 25 marzo 1995 dal Beato Giovanni Paolo II. Sono parole rilasciate 20 anni fa ma fino ad ora poco conosciute in Italia.

Mentre la Chiesa spesso viene accusata di “mettere tutta la colpa” sulla donna, il Santo Padre possiede una visione ampia e pienamente umana di fronte alla questione della responsabilità concreta per la tragedia di qualsiasi aborto procurato. Le parole di Papa Wojtila fanno eco alle esperienze di tante donne e uomini che per mezzo del Progetto Rachele, La Vigna di Rachele e altri programmi di guarigione spirituale dopo l’aborto, hanno trovato il coraggio di raccontare le loro storie:


“ .. Un pensiero speciale vorrei riservare a voi,
donne che avete fatto ricorso all'aborto
.
La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito
sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi
s'è trattato d'una decisione sofferta, forse drammatica.
Probabilmente la ferita nel vostro animo non s'è ancor rimarginata.
In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto.
Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento
e non abbandonate la speranza.
Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato
e interpretatelo nella sua verità.
Se ancora non l'avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento:
 il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono
e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione.
A questo stesso Padre ed alla sua misericordia
voi potete affidare con speranza il vostro bambino.
Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti,
potrete essere con la vostra sofferta testimonianza
tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita.
Attraverso il vostro impegno per la vita,
coronato eventualmente dalla nascita di nuove creature
ed esercitato con l'accoglienza e l'attenzione
verso chi è più bisognoso di vicinanza,
sarete artefici di un nuovo modo di guardare alla vita dell'uomo.”

                 
                       -    Evangelium vitae 99   -




“A decidere della morte del bambino non ancora nato,
accanto alla madre, ci sono spesso altre persone.
Anzitutto, può essere colpevole il padre del bambino,
non solo quando espressamente spinge la donna all’aborto,
ma anche quando indirettamente favorisce tale sua decisione
perché la lascia sola di fronte ai problemi della gravidanza:
in tal modo la famiglia viene mortalmente ferita
e profanata nella sua natura di comunità di amore
e nella sua vocazione ad essere “santuario della vita”.
Nè vanno taciute le sollecitazioni
che a volte provengono dal più ampio contesto familiare e dagli amici.
Non di rado la donna è sottoposta a pressioni talmente forti
da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all’aborto:
non v’è dubbio che in questo caso la responsabilità morale
grava particolarmente su quelli che
direttamente o indirettamente
l’hanno forzata ad abortire.
Responsabili sono pure i medici e il personale sanitario,
quando mettono a servizio della morte
la competenza acquisita per promuovere la vita…”

- Evangelium vitae 59 -
 
              


“…E’ vero che molte volte la scelta abortiva
riveste per la madre carattere drammatico e doloroso,
in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento
non viene presa per ragioni puramente egoistiche e di comodo,
ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni,
quali la propria salute o un livello dignitoso di vita
per gli altri membri della famiglia.
Talvolta si temono per il nascituro condizioni di esistenza tali
da far pensare che per lui sarebbe meglio non nascere.
Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche,
non possono mai giustificare la soppressione deliberata
di un essere umano innocente.”

- Evangelium vitae 58 -

                                                                                                                            

 
  Per leggere tutto il testo dell'enciclica Evangelium vitae cliccare qui


"E' più potente l'amore di Dio che il tuo peccato
 L'uomo è più grande del suo peccato,
altrimenti, Gesù non sarebbe venuto a salvarci.
Pensa all'amore di Dio,
diventa amore
e non avrai tempo da perdere
nell'andare a immalinconirti.
Tu sei prezioso agli occhi di Dio!"


- Don Oreste Benzi



L'aborto negli insegnamenti della Chiesa Cattolica


È abbastanza ben conosciuto il fatto che la fede cattolica è “contro” l’aborto. Purtroppo, forse non è tanto ben conosciuto il fatto che la fede cattolica è anche vicina alla persona che lo ha vissuto. Le testimonianze dei sacerdoti, amici di quest'apostolato, evidenziano questa vicinanza. ( Cliccare qui per passare in basso alle testimonianze di Don Antonio Grappone di Roma e Fra' Rosario Perucatti di Napoli).


Si sa bene che la Chiesa dichiara l’aborto un grave male morale, cioè, una azione che non conduce al fiorire dell’individuo né della famiglia, e un fenomeno sociale che non contribuisce al vero bene comune. La antropologia cattolica ritiene che tutti noi possediamo un valore intrinseco durante tutto il percorso della nostra vita. (Infatti, ci possiamo meravigliare del fatto che tutti abbiamo iniziato il nostro percorso di vita nel grembo di nostra madre!)

La fede cristiana afferma che i deboli possiedono tanto valore come i forti, i piccoli non contano meno dei grandi, e quelli senza voce – invece di essere soppressi - dovrebbero essere difesi da coloro che possono alzare la loro voce e se necessario, sacrificarsi per accoglierli. Il bambino ancora non nato, soprattutto il bimbo concepito in una situazione precaria, sicuramente si può descrivere come lo “straniero” che, secondo la parabola del Buon Samaritano, dobbiamo accogliere e curare secondo le sue necessità.

Insomma, la fede cristiana propone che la gravidanza che presenta una crisi personale o familiare richiede delle soluzioni pacifiche invece della violenza dell’aborto – una violenza vissuta tanto dalla madre del concepito come da lui stesso, anche se in diverse maniere. Questa proposta della Chiesa è ampiamente accettata da tantissime persone di buona volontà, sia cristiani sia non cristiani.





“Quanto sono poco conosciuti la bontà e l’amore misericordioso di Gesù.”
  - S. Therese di Lisieux


E' molto meno conosciuta la autentica risposta della fede cattolica verso le persone che, sentendosi abbandonate ovvero sotto varie pressioni, hanno partecipato all’aborto procurato. Si suppone che la risposta della Chiesa consista meramente in un giudizio duro, persino nella condanna della persona post abortiva.  In tale caso si dimentica troppo facilmente la Misericordia Divina. Forse quella Misericordia, di cui tutti abbiamo bisogno, non viene abbastanza insegnata, predicata, praticata. Insomma, la Misericordia e la Potenza salvifica di Gesù non sono abbastanza  ben conosciute, e non sono abbastanza ampiamente vissute.


Cosa ne pensa Papa Francesco?
“L’aborto aggrava il dolore di molte donne che ora portano con sé profonde ferite fisiche e spirituali soccombendo alle pressioni di una cultura secolare che svaluta il dono di Dio della sessualità e il diritto alla vita del nascituro...”
- 25 aprile 2014 Visita ad limina dai vescovi dell'Africa meridionale


Novembre 2013: Evangelii gaudium ("La gioia del vangelo") di Papa Francesco, sull'aborto



Per leggere tutta l'Evangelii gaudium cliccate qui o sull'immagine!


"Nei confronti di una donna in stato di gravidanza dobbiamo sempre parlare di due vite, le quali debbono entrambe essere preservate e rispettate, poiché la vita è un valore assoluto.


L’aborto non è mai una soluzione.
 Occorre ascolto, vicinanza e comprensione da parte nostra per salvare tutte e due le vite: rispettare l’essere umano più piccolo e indifeso, adottare ogni mezzo che possa preservare la sua vita, permettere la sua nascita ed essere, inoltre, creativi nell’individuare percorsi che rendano possibile il suo pieno sviluppo.


Le leggi improntano la cultura di un popolo, e una legislazione che non protegge la vita favorisce una «cultura di morte» (Evangelium vitae, n.21).

Lanciamo un appello ai fedeli e ai cittadini, affinché, in un clima di massimo rispetto, vengano adottati mezzi positivi di promozione e protezione della madre e del suo bambino in tutti i casi, a favore sempre del diritto alla vita umana."  
  

                                    - Cardinale Jorge Maria Bergoglio

Comunicato “Sobre la resolución para abortos no punibles en la Ciudad de Buenos Aires”, 10 settembre 2012



Già nel 2007 il Cardinale Bergoglio parlava di "una cultura dello scarto" nella quale "la pena di morte viene applicata attraverso l'aborto". Nel 2009, durante un incontro con i legislatori latinoamericani ha chiamato l'aborto "quel genocidio quotidiano, silenzioso, protetto."

Ma non si ferma a nominare con parole forti questa dolorosa realtà, così difficile da affrontare nella nostra cultura che si pensa umanista e progressista. Nel pensiero, nelle parole e nell'esempio di Papa Bergoglio prevale invece un incoraggiamento a praticare una solidarietà pratica e piena di compassione:

Qui «siamo tutti invitati alla vita» e l’unico padrone di casa è Dio. Siamo chiamati a «custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore».  - 26 Marzo 2013 Papa Francesco

Il Papa pone una sfida a tutti - ogni membro del clero, ogni battezzato/a - a praticare una solidarietà che riflette l'accoglienza che ognuno di noi trova  in Gesù stesso. Durante una delle prime Sante Messe mattutine offerte dal Papa, ci ha invitato a riflettere su quest'esempio:



«Pensate a una ragazza madre, che va in chiesa, in parrocchia e al segretario: “Voglio battezzare il bambino”. E poi questo cristiano, questa cristiana le dice: “No, tu non puoi perché non sei sposata!”. Ma guardi, che questa ragazza che ha avuto il coraggio di portare avanti la sua gravidanza e non rinviare suo figlio al mittente, cosa trova? Una porta chiusa! Questo non è un buon zelo! Allontana dal Signore! Non apre le porte! E così quando noi siamo su questa strada, in questo atteggiamento, noi non facciamo bene alle persone, alla gente, al Popolo di Dio....Pensiamo oggi a Gesù, che sempre vuole che tutti ci avviciniamo a Lui; pensiamo al Santo Popolo di Dio, un popolo semplice, che vuole avvicinarsi a Gesù; e pensiamo a tanti cristiani di buona volontà che sbagliano e che invece di aprire una porta la chiudono (…) E chiediamo al Signore che tutti quelli che si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte, aperte per incontrare questo amore di Gesù. Chiediamo questa grazia».    - 25 Maggio 2013

Per incoraggiare chi cerca, nella vita personale e nella vita pubblica, di difendere la dignità dei più piccoli, l'allora Cardinale Bergoglio disse nel 2007:

Anche se vi chiameranno «antiquati, bacchettoni o bigotti»...
«vale la pena lottare per la vita: non è mai una perdita di tempo. Il premio è avere un bambino fra le braccia».



E nella festa di San Raimondo Nonato, protettore delle donne in gravidanza, nel 2009 il Cardinale Bergoglio ha riflettuto:

«Che cos’è il messaggio della vita? Sono cose molto semplici, sono cose pratiche. Dire che la vita vale sempre la pena significa che dal primo momento che un bimbo o una bambina vengono concepiti sono vivi, lì c’è il soffio di Dio. Significa che i nove mesi di sala d’attesa, nella pancia della madre, bisogna avere cura della mamma e del piccolo perché lì c’è vita...E quando nasce non finisce tutto con la prima settimana, quando andiamo a salutare la mamma e poi via, che Dio ti aiuti, ma bisogna accompagnare la crescita del bambino perché si sviluppi sano, abbia una buona educazione, non gli manchi mai il cibo, abbia dei principi, dei valori morali e poi venga accompagnato durante tutta l’esistenza. E quando si ammalerà, bisogna accompagnarlo nel suo dolore e nella malattia. Debbono esserci ospedali puliti, belli, dove non manchi nulla. Dove si prendano cura di lui. Questa è vita. Questo è il messaggio della vita».   - 31 agosto 2009


 Altri commentari sulla fede cattolica e l’esperienza dell’aborto volontario:



 Sua Santità Benedetto XVI  ai vescovi del Kenya (visita Ad Limina 2007):

 “… la comunità dovrebbe essere aperta a dare il benvenuto
a tutti coloro che si pentono di aver partecipato nel grave peccato dell’aborto
e dovrebbe guidarli con carità pastorale
all’accettazione della grazia del perdono,
il bisogno del pentimento
e la gioia di entrare ancora una volta nella nuova vita di Cristo.”
 
Sua Santità Benedetto XVI ai partecipanti del Congresso internazionale
"L’olio sulle ferite: una risposta alle piaghe dell’aborto e del divorzio” (05 Aprile 08):


“Avete anche volto la vostra attenzione al dramma dell’aborto procurato, che lascia segni profondi, talvolta indelebili nella donna che lo compie e nelle persone che la circondano, e che produce conseguenze devastanti sulla famiglia e sulla società…Quante egoistiche complicità stanno spesso alla radice di una decisione sofferta che tante donne hanno dovute affrontare da sole e di cui portano nell’animo una ferita non ancora rimarginata!"
 


Il Santo Padre Benedetto XVI continua nello stesso discorso:

“…Sì, davvero gli uomini e le donne dei nostri giorni si trovano talvolta spogliati e feriti, ai margini delle strade che percorriamo, spesso senza che nessuno ascolti il loro grido di aiuto e si accosti alla loro pena, per alleviarla e curarla. Nel dibattito, spesso puramente ideologico, si crea nei loro confronti una specie di congiura del silenzio. Solo nell’atteggiamento dell’amore misericordioso ci si può avvicinare per portare soccorso e permettere alle vittime di rialzarsi e di riprendere il cammino dell’esistenza…..la Chiesa, sull’esempio del suo Divino Maestro, ha sempre di fronte le persone concrete, soprattutto quelle più deboli e innocenti, che sono vittime delle ingiustizie e dei peccati, ed anche quegli altri uomini e donne, che avendo compiuto tali atti si sono macchiati di colpe e ne portano le ferite interiori, cercando la pace e la possibilità di una ripresa.

A queste persone la Chiesa ha il dovere primario di accostarsi con amore e delicatezza, con premura e attenzione materna, per annunciare la vicinanza misericordiosa di Dio in Gesù Cristo… Sì, il vangelo dell’amore e della vita è anche sempre vangelo della misericordia, che si rivolge all’uomo concreto e peccatore che noi siamo, per risollevarlo da qualsiasi caduta, per ristabilirlo da qualsiasi ferita.

 Per leggere il testo completo del discorso del 05 aprile 2008, cliccare quì


“Giungere a conoscere Dio, il vero Dio, questo significa ricevere speranza.”
- Benedetto XVI, Spe salvi 3




Dopo l'aborto quale speranza?



Don Sergio Nicolli, allora Direttore dell’Ufficio della Pastorale Familiare della Conferenza Episcopale Italiana, ha commentato:


 “…È importante infatti che la comunità cristiana,
oltre alle già molte iniziative di prevenzione dell’aborto,
metta in atto iniziative adeguate per accompagnare
spiritualmente e psicologicamente

persone che, pur avendo scelto l’aborto,
ne portano drammatiche conseguenze nella vita personale e familiare.”

(Primavera 2007)




Gli inizi di un Progetto Rachele diocesano:
L'esempio di Sua Eminenza il Cardinale William Levada
nell'Arcidiocesi di Portland, Oregon (USA)

Dal 1986 al 1995 l'allora Arcivescovo Levada (prefetto della Congregazione per la dottrina della fede dal 2005 al 2012) ha servito la Chiesa di Portland, Oregon, USA. L'attuale coordinatrice del Progetto Rachele in quella diocesi ricorda:
"L'Arcivescovo Levada è la ragione per cui il Progetto Rachele
è nato ed è diventato attivo nella nostra Diocesi.
Egli è proprio la persona che ha dato la spinta originaria
a quest'apostolato,
ed ha intrapreso il ruolo di leader

nel primo evento di raccolta fondi,
insieme ad una signora laica.

Egli stesso ha donato i primi 500 dollari per il Progetto."



Le Diocesi italiane che hanno interesse nello sviluppare localmente un Progetto Rachele sono invitate a contattare Monika Rodman Montanaro,
californiana che vive dal 2007 in Italia, dopo aver sposato un italiano. Avendo lavorato per 12 anni a tempo pieno nella curia della sua diocesi d'origine, come coordinatrice del Progetto Rachele, Monika conosce bene la realità diocesana ed è disposta a consultarsi con le Diocesi italiane che vorrebbero avviare una tale iniziativa per raggiungere ed accompagnare le donne e uomini che hanno abortito.         



Un eventuale primo incontro pubblico, offerto da Monika nella vostra Diocese, potrebbe chiamarsi:

"Dopo l'aborto: quale speranza?"
 
Le statistiche più recenti indicano che nelle diverse regioni d’Italia tra il 20% e il 30% delle gravidanze finiscono in aborto procurato. Questo dramma, anche se spesso taciuto, colpisce donne, uomini e famiglie di ogni parrocchia e ogni strato sociale. Quest’incontro ci offre l’opportunità di sensibilizzarci alle poco riconosciute ferite lasciate dall'esperienza dell’aborto e di conoscere il Progetto Rachele diocesano e i ritiri spirituali della Vigna di Rachele, due iniziative per la guarigione interiore dopo l’aborto. Entrambe iniziative, nate anni fa negli Stati Uniti, operano in piena comunione con la Chiesa, accompagnando donne, uomini e coppie. Dal 2010 La Vigna di Rachele è attiva anche in Italia. Quest'incontro è aperto a tutti coloro che vorrebbero conoscere quest’apostolato che trasforma le vite ferite, offrendo amicizia e solidarietà, ed un'esperienza della misericordia di Gesù che riconcilia l'individuo e la famiglia con Dio e la Chiesa.

Le Diocesi di BresciaMilano-Varese, Mondovì, Senigallia, Ivrea e Novara hanno già offerto una tale relazione pubblica, mentre le Diocesi di Bologna, Carpi e Senigallia, insieme a Avvenire e ZENIT hanno pubblicato numerosi articoli su quest'apostolato.







"Ti sei chinato sulle nostre ferite e ci hai guarito
donandoci una medicina più forte delle nostre piaghe,
una misericordia più grande della nostra colpa.
Così anche il peccato, in virtù del Tuo invincibile amore,
è servito ad elevarci alla vita divina."

                - Prefazio della Liturgia Ambrosiana




"Un prete, un padre (ateo) e quel figlio abortito e mai morto"
Don Maurizio Patriciello, Aversa
Avvenire 23 maggio 2010
L'ateo che 15 anni fa aveva abortito con la sua ex-ragazza e ora chiede proprio ad un prete
"un consiglio per un dramma" che si porta dentro e di cui non riesce a liberarsi.







"Una confessione immaginaria: il bambino abortito e l'amore redentivo"
dal predicatore domenicano p. Antoninus Wall, OP

Sommario teologico:
"Il calvario, i bambini e la loro missione di misericordia


Nella morte di Gesù sulla croce si tratta di un essere umano che, in un certo senso, "partorisce" Dio.
La Sua sofferenza si potrebbe intendere come una forma di doglie mistiche in quanto produce
una nuova e radicale presenza dell'amore divino in questo mondo.
La profonda sofferenza che deriva dal senso di colpa, dalla vergogna e dal senso di totale fallimento
che non dà tregua a coloro che hanno abortito,
si trasforma in una partecipazione nelle doglie guaritrici e santificanti di Cristo,
quando la loro sofferenza viene abbracciata come l'invito di Cristo a condividere con Lui
la missione di santificare questo mondo.
In questo modo il bambino abortito diventa uno straordinario strumento dell'amore divino
mentre Dio santifica, attraverso il bambino, tutti coloro responsabili della morte del bambino.

Mentre questi genitori provano lo "scorrere" del fiume di amore divino nei loro cuori,
che proviene dal loro bambino abortito
riconosceranno le misteriose vie in cui Dio unisce il loro bambino con il Suo Figlio,
mentre entrambi, insiemi, Cristo e il loro bambino, fanno nascere l'amore di Dio nei loro cuori.
Essi si renderanno conto che Dio non potrebbe utilizzare un innocente
come mezzo di santificazione di un altro
senza che quel bambino partecipasse nelle grazie ricevute.
Mentre essi crescono in santità attraverso il loro figlio
sperimenteranno l'amore speciale che Dio ha
sia per il loro bambino sia per loro stessi.
Quest'accettazione della loro pena non toglierà la sofferenza,
ma trasformerà un dolore apparentemente inutile e senza significato
in doglie efficaci, meravigliose e piene della promessa di vita eterna
per loro stessi e per il loro bambino.

- p. Antoninus Wall, OP



"Un invito a chi in passato ha avuto l'esperienza dell'IVG"

Un messaggio da offrire nel percorso della Preparazione Pre-Matrimoniale

"La dimensione spirituale del post-aborto: La riconciliazione"
p. Massimiliano Michielan, ofm


I ritiri spirituali della Vigna di Rachele, un apostolato internazionale ormai anche attiva in Italia, portano la benedizione della Chiesa, cioè l'imprimatur sia il nihil obstat. Attualmente vengono offerti a Bologna. Per ulteriori informazioni su questi weekends di guarigione interiore dopo l'esperienza dell'aborto volontario consultate www.VignadiRachele.org



"L'assunzione di tutte le scelte sbagliate di ogni uomo
è la Croce di Cristo.

Ma nello stesso tempo il perdono di Dio
consiste nella Sua azione, che trasforma la nostra libertà
e rinnova alla radice il nostro io.

Questo atto è più divino, è più grande dello stesso atto della creazione.
Esiste un limite contro il quale si infrange la potenza del male:

il perdono e la misericordia di Dio.
Il cristianesimo è la possibilità di dire in qualunque circostanza:
'Ora ricomincio da capo'"
- S.E. Carlo Caffarra, Cardinale di Bologna, 16 Nov 2011



"Dal ministero della Riconciliazione all'essere misericordiosi Parte I"
"Dal ministero della Riconciliazione all'essere misericordiosi Parte II "
Mons. Luciano Pascucci, Diocesi di Roma
Come dovrebbe svolgere il suo ruolo sacramentale il peccatore pentito che si chiama "sacerdote"?


Testimonianza di Valentina
Notate il ruolo del sacerdote, che davanti alla ragazza tentata ad abortire, va oltre il solito "Qualsiasi decisione lei prenda, signora, io le sarò vicino," e mettendosi in gioco attraverso semplici parole e gesti, salva sia una vita sia un'anima.


 Testimonianze di Sacerdoti
collaboratori nei ritiri spirituali della Vigna di Rachele




            
         Parole di Saggezza          


Riflessione da parte di
Don Antonio Grappone, 
sacerdote della Diocesi di Roma:

"Le confesso che non ho mai guardato direttamente dentro un ecografo, ho dovuto però guardare "dentro" molte persone coinvolte in qualche aborto, specialmente donne... Ora, una delle ragioni per cui tante persone che si sono allontanate dalla chiesa, o che non vi sono mai appartenute, ritornano, chiedendo aiuto a un prete, è precisamente il senso di colpa da aborto. Succede anche molti anni dopo il fatto. Sono per lo più donne, molto meno padrei o altri che hanno contribuito all'aboto. In genere il senso di colpa si accompagna a un forte risentimento, più o meno consapevole, contro il padre del bambino o i genitori della mama, persone che hanno dato una spinta decisiva, o semplicemente hanno preferito tacere.

Per sé il senso di colpa non d'entra nulla con la vita cristiana. Il senso di colpa - mi pare - si collega con la frustrazione per il crollo dell'immagine di sé, della stima di sé; è però difficile liberarsene curandolo solo a livello psicologico. Ciò che compete a un prete è aiutare la mamma a passare dal senso di colpa al pentimento, che è ben altra cosa.

Il senso di colpa è oppressivo e ansiogeno, tende alla disperazione, è un problema psichico: il pentimento riporta la pace, pur nel dolore: è generato dalla Misericordia e conduce alla Misericordia, per sé e per gli altri. Riguarda la relazione con Dio.

Naturalmente non tutte le mamme che hanno abortito sviluppano un senso di colpa; una femminista o chi difende ideologicamente l'aborto non se lo può permettere, ma anche in molti altri casi succede, quando si trovano risorse sufficienti per difendere la stima di sé.


Ora,... se una persona non ha il minimo senso di colpa, come è arrivata a parlare con un prete di aborto?

In questi casi l'aborto emerge come radice nascosta di altri problemi. Dove non c'è senso di colpa subentrano forme di autodifesa paradossali: ad esempio spesso mamme o padri che non sentono rimorsi ripetono gli aborti, anche in serie, ciclicamente, e non c'entra il livello di istruzione, c'entra il desiderio inappagabile di confermare a se stessi che l'aborto è questione irrilevante, cosa da nulla. Si incontrano forme di compensazione davvero sorprendenti. Senza voler generalizzare, un tale atteggiamento di autodifesa spinge molti a vivere superficialmente, a farsi poche domande, soprattutto a coltivare poco la vita interiore e a instaurare relazioni non autentiche, quindi si è esposti a crolli esistenziali e psichici improvvisi e disastrosi. Di qui viene la richiesta di aiuto al prete, e stavolta si tratta anche di uomini, di padri. Di qui anche la maggiore difficoltà a passare a un pentimento autentico ed efficace.

Per quello che ho visto io, l'aborto è un dramma esistenziale serio, una vera negazione di sé oltre che del bambino, sia per la mamma che per il papà, e lascia comunque una ferita profonda, che sia avvertita o no, che ci sia senso di colpa o no."
                                                      

“Il Dio dei cristiani è il Dio della metamorfosi.
Voi gettate nel suo seno il dolore e ne ritraete la pace;
voi gettate la disperazione e vedrete galleggiare la speranza.”

- S. Pio da Pietrelcina



Il vuoto... dopo l'aborto    

Riflessione di Fra Rosario Perucatti, sacerdote cappuccino e allora cappellano presso l’ospedale di Caserta

Il mio interessamento per il post-aborto è iniziato dall'ascolto delle confessioni di donne che avevano abortito. Durante queste confessioni, ho iniziato a notare un fatto che mi ha meravigliato molto: diverse donne, anche di una certa età, confessavano il peccato dell'aborto avuto trenta, quaranta, fino a cinquanta anni prima. Mi sono chiesto come mai continuavano a confessare questo peccato, anche se lo avevano già fatto e per di più diverse volte. Queste donne cosa volevano comunicare? Continuavano a manifestare un disagio, un trauma non superato oppure cosa? Forse da parte loro c'era una richiesta di aiuto?

Ascoltando con attenzione, mi sono accorto che alcuni disagi riscontrati nella vita di diverse donne partivano proprio dall'aborto e dal fatto che non ne potevano parlare a nessuno, che nessuno prendesse seriamente in considerazione ciò che era avvenuto loro con quell'aborto procurato. Infatti, i consigli di molti, anche dei più vicini, non fanno altro che ripetere "non è successo niente" oppure "hai altri figli ai quale pensare". È palese che la ricerca, da parte di queste donne, del figlio che vorrebbero stringere e che non trovano, le porta a cercare qualcosa o qualcuno che possa riempire il vuoto che si è creato in loro.

Quando ho iniziato ad informarmi e a parlare delle conseguenze dell'aborto, grazie anche ad alcune persone che Dio ha messo sulla mia strada, ho notato che le donne alle quali ne parlavo si sentivano finalmente comprese in questo loro disagio, che si portavano dentro da tempo, e nel dramma che avevano vissuto: finalmente, qualcuno che dicesse loro quello che volevano sentirsi dire. Come se iniziare a parlare di quello che si portavano dentro, da anni, iniziasse in loro un processo di liberazione. Una liberazione, forse, già iniziata altre volte, ma che non aveva trovato un seguito. Non avevano bisogno di "sfogarsi" per un pò e basta, ma avevano bisogno di qualcuno che le aiutasse a capire ciò che era loro accaduto (perciò continuavano a ripetere la stessa confessione) e che le aiutasse a sentirsi realmente perdonate.

Quando arriva una donna che ha abortito, cerco di mettermi "realmente in ascolto", cerco di "accoglierla" il più possibile con tanto silenzio, rispetto, assenza di giudizio cerco di fare spazio in me per accogliere il più possibile la sua sofferenza, la solitudine nella quale si trova, il vuoto che sta provando. Ascolto e prego, accolgo quella persona che forse nessuno mai ha accolto ed ha fatto sentire accolta. Valorizzo qualcosa di lei, cerco di infonderle fiducia, mi lascio conoscere se lei vuole. L'approccio è diverso da persona a persona, ma la donna, credo, quando arriva a noi dopo diversi anni e sente il bisogno di confessarsi, è perchè è stanca di fuggire da quella realtà che ha cercato di dimenticare e mettere da parte. Di conseguenza ha bisogno di trovare riposo, ha bisogno di esprimere la sua sofferenza causata dalla solitudine, le sue paure inesistenti per gli altri, la sua rabbia repressa, l'essersi sentita giudicata, ferita, abbandonata da tutti, in particolare dalle persone più vicine. Di certo starete pensando al Buon Samaritano; si è proprio così che dovremmo agire. Mi accorgo però che di questa parabola, più che nel Buon Samaritano, mi rivedo nell'"oste" che accoglie la persona ferita e si prende cura di lui fino al ritorno di Colui che aveva aiutato e condotto in albergo per ristorarsi il viandante mal capitato.

Infine, voglio segnalare con tanta umiltà e semplicità, alcune iniziative intraprese anche grazie alla professionalità e generosità di laici motivati e impegnati cristianamente. Prima di tutto, il desiderio di far conoscere le conseguenze dell'aborto e di dar voce alle molte donne che spesso soffrono nel silenzio a causa dell'aborto, mi ha spinto a chiedere aiuto a medici, psicologi e avvocati. Ho chiesto loro di aiutarmi a trasmettere il grave disagio fisico e psichico che colpisce la donna dopo l'aborto. Da questo primo confronto è nato un convegno dal titolo "Una ferita da lenire...il post abortum". In un primo momento ci siamo rivolti a tutti, poi, con un approccio diverso, abbiamo deciso di andare presso gli Istituti di Scuola Superiore: e questa, a mio parere, è stata un'intuizione importantissima, che sta dando la possibilità di parlare ai giovani anche all'interno delle scuole, con professionalità e portando il lieto annunzio del Vangelo "della vita" e della "Misericordia di Dio". Credo che questo sia un modo di evangelizzazione nelle scuole (se qualcuno volesse saperne di più può contattarmi). Davvero tante sarebbero le iniziative che si potrebbero realizzare se in comunione di preghiera ed insieme porteremo questo messaggio di speranza del quale tantissime persone, spesso ingannate da una società che indica l'aborto come unica soluzione dei problemi, hanno bisogno.





Omelie e riflessioni da P. Angelo del Favero:

"La scomunica per la vita
la scomunica latae sententiae per l'aborto procurato, alla luce del Vangelo

"Solo Gesù guarisce la paralisi dell'aborto" Gli amici che aprono il tetto per portare il paralitico da Gesù (Marco 2)

"La Misericordia che fa tornare in vita" sul Figliol Prodigo di Luca 15

"Pasqua: Rimanere in Gesù" sulle vite e i tralci di Giovanni 15

"Pasqua: la Vita dal grembo della morte"  Le donne e la risurrezione in Marco 16

"La peccatrice: una scomunicata prediletta da Gesù"  La donna che bagnò i piedi di Gesù Luca 7

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.


28 Dicembre: Festa liturgica in onore dei Santissimi Innocenti

Vi invitiamo a parteciparne:





Preghiera per il Progetto Rachele e per La Vigna di Rachele

Padre Amabilissimo,
ti preghiamo di far sorgere qui in Italia
diverse iniziative per aprire più ampiamente
le porte della Tua Misericordia
a tutti coloro che soffrono,
spesso in silenzio,
per la ferita dell’aborto.

Sostieni e guida coloro
che si impegnano nello sviluppo
della Vigna di Rachele e del Progetto Rachele.

Possano queste opere aiutare la Tua Chiesa
a raggiungere e accompagnare i Tuoi figli
nel cammino verso la guarigione spirituale.

Padre di ogni Misericordia,
abbraccia nella Tua Compassione
le nostre sorelle e i nostri fratelli
i cui cuori sono stati feriti
dal dramma dell’aborto.
 
Penetra con la Tua Grazia il muro di dolore
e spezza con la Tua dolcezza qualsiasi durezza di cuore
che li separa da Te e dai loro figli,
affinché loro possano sperimentare
il potere salvifico del Tuo Amore.

Tutto ciò te lo chiediamo nel Nome di Gesù,
nostra Vita e nostra Speranza.
AMEN!

                                                                                    By Monika Rodman Montanaro (08/08)
                                                                                       www.vignadirachele.org / www.progettorachele.org




Questo sito web non è un sito di consulenza psicoterapeutica professionale, nè deve sostituire la consulenza di un professionista abilitato.
A volte l'esperienza di un aborto può creare intense emozioni che forse non potete gestire adeguatamente da soli.
In caso di necessità rivolgetevi ad un professionista abilitato.
 
© 2008-2024 Monika Rodman, Progetto Rachele. Tutti i diritti riservati.