Una
visione profetica
"Avere
una visione profetica”, affermava il sacerdote olandese Padre
Henri Nouwen, “significa vedere
il mondo con gli occhi di Dio”. Il mondo d’oggi è
rovinato dal peccato, ferito
dall'abbandono e pieno di disperazione. Una delle cause di questa
situazione di caos è rappresentata dall'aborto. La ferita
provocata dall'aborto è insidiosa.
Lascia una scia di conseguenze dolorose nella vita delle mamme,
papà, nonni,
fratelli, sorelle, zie, zii e cugini.
L'aborto non è una novità. Non scaturisce
dalla decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, ma questa decisione ha,
in qualche modo, aperto una diga dando luogo ad una vera e propria inondazione.
La realtà è che gli aborti sono sempre esistiti e, pertanto, qualsiasi donna
che incontriamo potrebbe averne fatto esperienza.
Le donne che hanno avuto un aborto, lo descrivono come una “ferita dell'anima”. L’aborto è un evento che segna e cambia la vita. Le conseguenze di un aborto rimangono nella e con la donna, sino alla morte. Anche se la donna guarisce, sarà per sempre una madre che ha perso un bambino in modo traumatico e non naturale. I postumi dell'aborto possono iniziare prima che la donna lasci la clinica o l’ospedale, oppure non essere percepiti come tali per un certo numero di anni. Quando, però, sono percepiti, divengono devastanti.
Ho
fondato il Progetto Rachele nell'Arcidiocesi di Milwaukee, nel
1984, con l'incoraggiamento e il supporto economico del mio
Arcivescovo, Mons. Rembert
Weakland, O.S.B. Mi resi conto di quanto esso fosse necessario
ascoltando un’amica
che aveva dato in adozione il primo bambino e aveva abortito il
secondo. Negli anni seguenti osservai che la mia amica andava
incontro a cicli di comportamento auto-distruttivo. Era
solita
affermare: “ Posso vivere con l'adozione. Non posso vivere con l'aborto”. Quando sono
diventata direttrice diocesana dell' Ufficio “Respect
Life”
(Rispetto per la Vita), ho scoperto che i Vescovi degli Stati Uniti
avevano già chiesto che fosse introdotto un apostolato per la
riconciliazione e
la guarigione, nel loro primo “Piano Pastorale per le
Attività a favore della
Vita”, emanato nel 1975.
Questo apostolato catturò l'attenzione a livello
locale e nazionale il giorno successivo al primo incontro del nostro gruppo,
quando un giornalista locale, che aveva un'amica soffrente per la ferita dell'aborto,
annunciò il Progetto Rachele, nella prima pagina del quotidiano per il quale
scriveva. Così, improvvisamente, divenni un’esperta in un settore che, il
giorno prima, non esisteva ancora.
Da allora, il Progetto Rachele è partito in più di 144 diocesi
negli Stati Uniti, 7 nel Canada, in tutte le diocesi della Nuova Zelanda e nel
Guam. Esso sta per essere introdotto
nelle Bahamas e nell’Honduras. Interesse per il progetto è stato espresso in
Polonia, Irlanda, Messico, Cile e Brasile,
così come in Germania, Francia e Russia. E’ chiaro che Dio deve avere una
certa urgenza riguardo quest’attività
di guarigione. Qualsiasi persona che abbia lavorato nella Chiesa sa che le cose
normalmente si diffondono molto lentamente.
Io credo che Dio stia costruendo la
cultura della vita sulle ceneri della cultura della morte. Le donne e gli uomini
guariti stanno divenendo le fondamenta di questa nuova cultura. Essi sono
veramente trasformati, nel processo di guarigione. Ogni volta che una donna è
guarita, vuol dire che Dio ha fermato il ciclo dell’aborto nella sua vita. Se
non è guarita, è probabile che lei continui a praticare aborti.
È importante sapere che molte delle donne con storie di aborti provocati hanno molte altre ferite nella loro vita, incluso quelle derivanti da abusi sessuali. Tutto questo può portarle ad abortire, ed incrementare la complessità del loro cammino di guarigione. E' rara la donna che ho incontrato che descriverebbe di essere cresciuta in una famiglia sana e regolare, e che riferirebbe di aver preso una tale decisione in modo calmo e calcolato. Tante donne raccontano la sofferenza che accompagnò la loro paura di essere rifiutate dai loro genitori o dai loro compagni. Riportano l’esperienza di un’incredibile pressione esercitata su di loro per farle abortire e di non sapere a chi rivolgersi per avere l’aiuto necessario a portare il loro bambino fino alla nascita. L'aborto è soltanto un' ulteriore sofferenza presente nella vita di queste donne, ma la grazia sta nel fatto che è proprio l’aborto che le spinge a cercare la guarigione.
Voi, come sacerdoti, siete una parte importante di questo apostolato. Siete voi, nel vostro ruolo sacramentale, che riflettete e mostrate il volto di Cristo con maggiore nitidezza alla donna ferita. È attraverso il Sacramento della Riconciliazione che è veramente liberata dal suo peccato. Non fatevi convincere da quelli che sostengono che questo dovrebbe essere un apostolato fatto solo da donne. L’esercizio del vostro ruolo, come sacerdoti e come uomini, può far tanto per guarire le ferite nascoste dell'aborto. Il vostro prendersi cura di lei con gentilezza e comprensione paterna, l'aiuta a guarire da quella ferita nascosta che le produce un atteggiamento di amarezza verso gli uomini. In molti casi, voi siete il primo uomo, mai incontrato prima, che non l’abbia giudicata o che non l’abbia fatta soffrire.
La cosa più importante da ricordare riguardo quest' apostolato, e credo anche per qualsiasi altro apostolato, è che Dio è il Guaritore e il Salvatore. La prima cosa che dovete fare, quando vi preparate per un incontro pastorale è pregare lo Spirito Santo. Quando vi sarete aperti all’azione guida dello Spirito Santo, rimarrete sorpresi di scoprire quanto “saggi” siete diventati. La gente vi dirà: “Padre, come sapevi che avevo bisogno di sentire proprio quelle parole?” Il vostro compito è quello di accompagnare la donna attraverso questo cammino, tracciarle il percorso sulla mappa. A volte, le donne non torneranno da voi e vi chiederete in che cosa abbiate sbagliato. Spesso, semplicemente la donna non si sente abbastanza forte da continuare, in quel particolare momento. Ricordate che Dio non abbandonerà quella donna e, quando sarà abbastanza forte, Dio la guiderà nuovamente verso una situazione nella quale un altro la aiuterà nel suo cammino. Tutto questo non riguarda voi, ma lei. Quando qualcuna di queste donne non torna indietro, allora penso che siate chiamati a diventare intercessori per quella donna. Il Catechismo stabilisce che il confessore “Deve pregare e fare penitenza per (il suo penitente), affidandolo alla misericordia del Signore (sezione 1466).
Questo
apostolato è anche importante per
voi, a livello personale. È in questo apostolato, infatti, che
incontrate
il mistero della vostra ordinazione. Questo è il luogo dove voi
liberate i
prigionieri e date la vista ai ciechi nel nome di Gesù.
Più di un sacerdote è
d’accordo sul fatto che se è ancora sacerdote, oggi,
questo è perché in un
momento di crisi della sua vocazione, ha risposto ad un’altra
telefonata e si
trattava di una donna del Progetto Rachele. Ed è
stato attraverso
quell' incontro pastorale che la crisi è
divenuta meno aspra e, forse, si è anche risolta. ll sacerdote
ha riscoperto il potere dei sacramenti e si è reso conto
che Dio vive, tocca e guarisce quelli che gli si avvicinano oggi
allo stesso modo in cui ha toccato e guarito nelle Sacre
Scritture. In quel momento, Dio tocca il sacerdote che è in
crisi e comincia a guarirlo.
La gente spesso mi chiede se non mi deprimo
facendo il lavoro che faccio, quello cioè di ascoltare tanto dolore. La verità
è esattamente l'opposto. Io credo che questo sia un lavoro stimolante. Ha sempre da fare con
la speranza e la guarigione. Ho imparato che quando una donna afferra il
coraggio a piene mani e s'imbarca in un percorso di guarigione, implorando la
misericordia di Dio, allora il Signore risponde velocemente. E so anche che
quando il Signore inizia quest’enorme lavoro in lei, sarà cambiata e rinnovata.
Sarà davvero una "nuova creazione," come ascoltiamo nella Lettera ai Corinzi,
perchè la verità presente nella sua vita è quella di credere di aver commesso
un peccato per il quale non esiste perdono. Ora ha incontrato il suo Dio ed è
stata perdonata: questo è un evento in grado di cambiare la vita!
Dal punto di
vista delle Scritture, sono sempre rimasta colpita dalle storie di donne che si
trovano nel Nuovo Testamento. Ogni storia riflette un aspetto di questo ministero.
La donna emorragica, che ha soltanto il coraggio di toccare un lembo della Sua veste - questa
è la nostra donna. Ella sa che la sua guarigione può essere solo nel Signore. E
spesso ha sofferto per lunghi anni. Si sente indegna dell’attenzione del Signore,
ma la sua disperazione la spinge ad allungare la mano in cerca di aiuto.
La donna al pozzo, anche quella è la nostra donna. Gesù stabilisce con lei un dolce dialogo, non una diatriba, e la porta a confessare la verità circa la propria vita. Infatti, è nella verità che le è stato rivelato il bisogno di modificare la sua vita. Ed è questa consapevolezza vera che la rende libera di andare e annunciare ad altri ciò che le è accaduto.
La donna che ha lavato i piedi di
Gesù con le lacrime, questa è la nostra donna. Ha versato fiumi di lacrime di
dolore per i bambini che ha perso. Nella traduzione preferisco quella nella
quale Gesù dice: “ Poichè molto ha amato, molto le è stato perdonato”.
Le
nostre donne hanno spesso cercato di amare molto. Qualcuno sostiene che il
peccato è un dono che va nella direzione sbagliata. La donna che incontriamo
spesso stava cercato l’amore in tutti i luoghi sbagliati e spesso ha praticato
l’aborto volontario, basandosi anche su un errato concetto di amore. L'ha fatto per
far piacere al fidanzato oppure per evitare ai genitori il dolore
dell'imbarazzo e della vergogna.
La donna trovata in flagrante adulterio, anche lei è la nostra donna. E’ stata scoperta nel momento della massima vergogna. E’ stata condannata dalla società attorno al lei, ma soprattutto dalla sua stessa coscienza. Sa di essere colpevole. Dopo che Gesù ha mandato via coloro i quali la volevano lapidare, le dice: “Neppure io ti condanno”.
C'é coerenza in quello
che Gesù dice a queste donne dopo che ha ascoltato le loro storie, le ha
guarite e le ha rese libere. “La tua
fede ti ha salvata. Vai in pace”. Infatti, secondo la mia esperienza, è il nucleo della fede presente in quella
donna che la porta a riconoscere che solo Dio la può salvare. (Io credo che
questo sia la conseguenza della grazia del battesimo). E’ quella conoscenza
profonda nel nucleo del nostro essere che ci fa capire come la guarigione possa venire soltanto da
Dio.)
Questo è un apostolato di compassione e di misericordia. Il Padre Henri Nouwen
sosteneva che : ”Compassione vuol dire essere vicini a chi soffre. Ma possiamo
essere vicini ad un'altra persona solo se siamo disposti a divenire noi stessi
vulnerabili. Una persona compassionevole dice: “Sono tuo fratello, sono tua
sorella, sono un essere umano, fragile e mortale, proprio come te. Le tue
lacrime non mi scandalizzano, il tuo dolore non mi fa paura. Anche io ho
pianto. Anche io ho provato dolore”. Possiamo stare con l’altro solamente
quando l’altro cessa di essere “l’altro” e diviene come noi...Questa forse è la
ragione principale per la quale troviamo più facile mostrare pietà piuttosto che
compassione”.
“La misericordia”, afferma Padre Joe Tagg di Memphis, “è l’amore
che cerca di alleviare le miserie degli altri. La misericordia è amore efficace
riversato sugli altri per guarire,
consolare, perdonare, rimuovere la sofferenza. E’ l’amore che Dio ha per noi ed è
l’amore che Egli chiede a ciascuno di noi affinché lo manifestiamo agli altri.
La misericordia di Dio è sempre a disposizione per coloro che si rivolgono a
Lui, in umiltà. L’amore di Dio è per coloro che ne hanno più bisogno”. Ritengo
che queste affermazioni, se vissute nella propria vita, ci renderebbero tutti
dei ministri molto efficaci.
Questo apostolato incorpora le opere spirituali di
misericordia, cioè: ammonire i peccatori, istruire gli ignoranti,
consigliare i dubbiosi, confortare i sofferenti, essere pazienti con coloro che
sono nell’errore, dimenticare le offese e pregare per coloro che sono su questa
terra. Tutto questo racchiude davvero il ministero che il sacerdote svolge con
la donna che si rivolge a lui.
Il ruolo del confessore e compagno nella guarigione comprende
vari aspetti. Forse la sezione 1465
del Catechismo riassume meglio d’ogni altra
questi ruoli. Leggiamo: “Celebrando il sacramento della
Penitenza, il
sacerdote compie il ministero del Buon Pastore che cerca la pecora
perduta, quello del Buon Samaritano che medica le ferite, del Padre che
attende il figlio
prodigo e lo accoglie al suo ritorno, e del Giudice giusto che non
fa distinzione di persone e la cui giustizia è, ad un tempo,
giusta e misericordiosa.
Poiché
molti di voi che state leggendo quest’articolo avete anche
seguito i corsi del Progetto Rachele per sacerdoti o avete ricevuto il
"Manuale per sacerdoti sul post-aborto" che lo scorso anno è
stato inviato a tutti gli ordinari per essere distribuito poi ai
sacerdoti, non mi
intratterrò su tutti gli aspetti del processo di aiuto alla
guarigione. (Se non
avete ancora ricevuto questo manuale, potete contattare il vostro
ordinario per
averne una copia.)
Brevemente, il processo di guarigione consiste nell’annunciare
alla donna la Buona Novella della misericordia e dell’amore di Dio. Ella
già conosce troppo bene la giustizia di Dio.
- Ha soprattutto bisogno di raccontare la sua storia. Aiutatela ad esprimere ed elaborare qualsiasi sentimento di rabbia verso gli altri, suggerendole di scrivere delle lettere che non saranno mai inviate e che verranno, alla fine, distrutte in modo simbolico, quando la donna passerà alla fase del perdono di coloro che le hanno fatto del male.
- Deve
essere incoraggiata ad elaborare un lutto per il suo bambino,
cioè: riconoscere la verità della sua
esistenza, deciderne il sesso, scegliere un nome, commemorare il
bambino e scrivere una
lettera per dire tutto quello che un cuore di madre ha bisogno di dire.
- Celebrerete con lei il sacramento della riconciliazione,
anche se ha già confessato il suo peccato.
- E’ bene
offrire una Messa di guarigione per la famiglia.
Questa può essere un invito alla donna di scegliere un giorno
particolare in cui la Messa quotidiana della parrocchia verrà
offerta per
le intenzioni della sua famiglia. Oppure potete offrire di
celebrare privatamente una Messa particolare utilizzando delle letture
e preghiere speciali per l'occasione. Incoraggiatela a scegliere
qualche canto favorito per tale Messa.
- Preparatela all’eventualità che
le potrebbe succedere,
a volte, di ascoltare una voce interiore di condanna che tenterà
di gettarla nella
disperazione. Questa non è la voce di Dio, ma è una
tentazione. La voce di Dio non dice mai: “Sei una cattiva
persona”. Incoraggiatela a fronteggiare
questa situazione con la preghiera e camminando fiduciosamente nel perdono di
Dio. (NB: Vedete la relativa sezione "Preghiere" di questo sito.)
- Ditele che ci saranno momenti nei quali si sentirà triste. Tutto questo è
normale e si chiama “ombra del lutto”.
- Alla fine, e soprattutto, incoraggiatela a seguire un percorso di crescita spirituale attraverso i ritiri e gli incontri con una guida spirituale.
Vorrei ora condividere con voi alcune cose pratiche che
potete fare per facilitare la guarigione:
Non abbiate paura di preparare delle omelie sull’aborto ma, ogni volta che lo fate, iniziate sempre chiedendo preghiere a coloro che, nella vostra comunità, sono stati toccati dalle conseguenze dell’aborto in modo che voi possiate usare le parole adatte e conformate alle loro esperienze di vita.
Centrate
le vostre omelie sulle ferite di coloro che sono
stati colpiti dal dramma dell’aborto. Il fatto triste ma reale
è che la maggior
parte delle persone sono insensibili al fatto che l'aborto distrugge la
vita di un bambino. Vi suggerisco la lettura del meraviglioso libro: The Jericho
Plan, di David Reardon, Dottore di ricerca, dell’Istituto Elliot. E’ conciso
nella sua descrizione dell’impatto che l’aborto provoca sugli altri e contiene
lettere che potete leggere come parte della vostra omelia.
Inoltre,
non perdete mai la possibilità di menzionare l'aborto quando
componete la vostra lista preferita di peccati che Dio può
perdonare.
Vi sfido a predicare sul significato del dono dei figli. (Non ho mai sentito un’omelia su questo tema.) Raccontate di come
ciascun bambino ci fa crescere in modo nuovo.
I sacerdoti spesso chiedono: “Cosa accade se la donna viene
da me, in confessione, di sabato? C'è poco tempo. Come posso aiutarla?”
Per prima cosa dovete ascoltarne la confessione e
confrontarvi con il suo significato pastorale.
Trovate qualcuno della vostra comunità che abbia intenzione di iniziare un apostolato speciale e conferitegli questo compito in modo che, per ciascuna festività, soprattutto Natale e Pasqua, ci siano dei bigliettini, tipo quelli da visita, sui banchi per il Progetto Rachele. Queste persone controlleranno anche gli annunci settimanali e porranno i depliants negli appositi spazi e attaccheranno manifesti alle pareti.
Lo scorso anno, la Segreteria Pro-life del NCCB (della Conferenza Nazionale dei Vescovi Cattolici) ha prodotto uno
stupendo poster e un opuscolo. Si tratta di un’immagine di Gesù che
porge la mano ad una donna e dice: “Neppure io ti condanno”. So che questo
opuscolo ha toccato le donne nel profondo, perchè ci hanno inviato i loro
commenti via e-mail.
I sacerdoti sanno
che una delle cose più difficili con le
quali hanno a che fare sono le persone arrabbiate che si avventano
contro di
loro dopo la Messa, quando nella omelia hanno fatto riferimento
all’aborto. Vi dico subito che le persone più arrabbiate
hanno tutte una storia particolare.
E’ necessario che voi riflettiate un po’ sui dilemmi etici
che vi si presenteranno presto. La realtà è che le nostre capacità tecnologiche
hanno di gran lunga superato quanto siamo abituati a pensare. Basti fare
riferimento all' aborto genetico. Esso usualmente riguarda una coppia e una
gravidanza molto desiderata. La scienza medica, attraverso la tecnologia del “cerca
e distruggi” ha in qualche modo deciso che un certo bambino non è
“perfetto” e rapidamente invia la coppia al centro per praticare un aborto
volontario. Se questa coppia dovesse venire da voi prima che questo accada,
dovete inviarli ad un medico che si dichiara a favore della vita per una
seconda opinione. Avete un dottore di questo tipo nella vostra rubrica? E, nel
caso venissero da voi dopo l’aborto, per chiedervi di celebrare un funerale per
il loro il bambino, vi dovreste chiedere: “ Che cosa farebbe Gesù al mio
posto?”. Secondo me, molte di queste persone subiscono la coercizione da parte
dei medici e sono costrette a decidere in un certo modo. Sono terrorizzate e,
infatti, sono state indotte a pensare che sarebbe irresponsabile e crudele
scegliere che il bambino viva. Queste stesse persone sono spesso molto
arrabbiate con la Chiesa, con i dottori, con tutti.
Credo che abbiano bisogno di tutta la compassione possibile
e, invece, ci dovremmo fare delle domande circa la loro colpevolezza. Spesso,
sono state costretti a decidere di abortire e questo imperativo è venuto da
ogni parte.
Il poeta, Kahil Gibran, afferma che: “Una visione di
guarigione consiste nel vedere ciò che è invisibile, con occhi rinnovati”. La
mia preghiera è che questo articolo possa aiutarvi a diventare architetti della
Cultura della Vita. Sappiate che tutto quello che fate a servizio della vita è
profondamente significativo ed immensamente apprezzato. Una visione profetica
insieme ad una visione che guarisce può cambiare il mondo.
Suggerimenti
dei sacerdoti del Progetto Rachele per gli Atti di Penitenza:
1) Donazione volontaria a gruppi a favore della vita o
ad una organizzazione post-aborto.
2) Adottare a distanza un bambino del terzo mondo (secondo la propria capacità finanziaria),
oppure fare una donazione ad un ente che aiuta i bambini in difficoltà.
3) Pregare il rosario:
4) Ritornare in Chiesa, alle celebrazioni e ai Sacramenti in
modo regolare.
5) Pregare:
- per le altre persone coinvolte nella perdita causata dall’aborto;
- per le altre donne e gli altri uomini che hanno avuto un aborto ma non si sono
riconciliate;
- di fronte al Santissimo;
- per qualcuno che sta pensando di fare un aborto.
6) Fare un pellegrinaggio ad un luogo vicino e pregare le
Scritture una volta giunti.
7) Pregare Santa Monica, patrona delle madri cristiane e
pregare il santo patrono del bambino.
8) Ricordare il bambino o i bambini nella preghiera, pregando per lui e chiedendo le sue preghiere.
Cominciare per una settimana e continuare il più spesso possibile, così coltivando un rapporto con lui
per mezzo della comunione dei santi.
(L'onomastico dei bambini abortiti può essere considerato il 28 dicembre, ossia, I Santi innocenti.)
9) Un atto di servizio a scelta personale.
- Fare qualche cosa per i poveri o per i senza tetto
- Un atto spontaneo o intenzionale di gentilezza verso un
anziano o un bambino
- Offrire assistenza volontaria ad un centro per l'aiuto alla vita
10) Chiedere loro quale potrebbe essere una penitenza
appropriata. Ridurla se è troppo severa.
11) Concentrare l’attenzione sugli altri bambini, se ne ha.
12) Riflettere, pregare e incontrare Gesù leggendo:
- Giovanni 15
- Luca 15 (la pecorella smarrita,la moneta perduta, il figliolo
prodigo)
- Giovanni 3:16-17
- Giovanni 8:1-11 (La donna sorpresa in adulterio)
- Giovanni 4:7-41 (La donna Samaritana)
- Luca 8: 43-48 e Matteo 9:20-22 e Marco 5:25-34 (La donna emorragica)
. Luca 7:30-36 (La donna che lava i piedi di Gesù con le
lacrime)
13) Pregare il Salmo 103 o il Salmo 51
14) Passare del tempo in silenzio elaborando l’esperienza del
perdono, in compagnia di Maria, Madre di Gesù.
15)
Messa giornaliera (stabilendone il numero), offerta con l'intenzione
per il bambino abortito e/o la guarigione della famiglia
16) Leggere il Vangelo per cinque minuti al giorno per un
mese, per aiutarla a scoprire la persona di Cristo.
17) Dire alle donne che hanno già fatto tutta la penitenza
attraverso il loro dolore e la loro sofferenza.
18) Digiunare per un giorno o non praticare un’attività
preferita per un certo periodo di tempo.
Ringraziamo la Dr.ssa Adriana Gini per la sua gentilezza nell'aver tradotto quest'articolo.
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